Giochi di parole, e il male più non duole.

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Giochi di parole - Kaos66

Giocare con le parole sembra essere il passatempo preferito di certi nostri politici. Mischiano, ritorcono, piegano e allungano concetti espressi davanti a testimoni. Ma non basta, si cambia versione, si gira attorno all'ostacolo, si irretisce il verbo e la mente. Non siamo stupidi, ma siamo pazienti. Troppo. 

Qualcuno pensa che dire una cosa e poi cambiarne il significato sia diventato una specie di sport nazionale, qualcuno sta già pensando di farne una squadra, un'olimpiade della demenza, un percorso di giravolte verbali. Il gioco è molto semplice in realtà. Si dice una cosa, una cosa qualsiasi, la si lascia girare di bocca in bocca, la si lascia macerare sul tartaro della stampa nazionale, si aspetta ancora qualche minuto, si attende la cottura dorata. Poi la si toglie dal fuoco, la si cambia di lato e voilà... la frittata è pronta. Una dichiarazione è una dichiarazione, ma le parole sono come piume nella burrasca, non hanno alcuna possibilità di avere un significato univoco e tantomeno stabile. Per quale motivo allora ci ostiniamo ad ascoltare il prossimo? Specie se questo prossimo ha l'obbiettivo di rimanere a galla sulla sua poltrona mentre tutto il resto del mare affonda e sprofonda negli abissi di Scilla e Cariddi? Perchè continuiamo ad occuparci dell'opinione di questo o di quel politico dal momento che lui stesso non ha una vera opinione, non ascolta la nostra, non ascolta neppure sè stesso? Il nostro mondo è stanco e strano. Le parole sono tante, volano, si soffermano, si depositano, macerano, fermentano, vanno in aceto. Non abbiamo più alcuna fonte a cui attingere perchè le fonti più fresche e limpide sono inquinate dai detriti della tv spazzatura, dai talk show di mezza serata, dalle bibite zuccherate e dai pop corn al burro. Non ci resta che... piangere. 

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